All posts by Matteo Martin

04 Feb 2022

9 febbraio 1916

9 febbraio 1916 – Il cannone da G149 detto l’”ippopotamo” (peso 6.050 kg  partiva da Temù (Brescia) trainato dagli alpini. La meta, stabilita nel Passo Venerocolo (3.236 metri), venne raggiunta il 23 aprile 1916, giorno di Pasqua. L’anno seguente il pesante cannone fu trascinato fino a Cresta Croce (3.320 m) e il 15 giugno contribuì all’attacco al Corno di Cavento. Sparò anche nell’estate del 1918, poi tacque. Non fu mai portato a valle.

04 Feb 2022

5 febbraio 2004

5 febbraio 2004 – Muore a Cuneo Benvenuto detto Nuto Revelli. Era nato a Cuneo il 21 luglio 1919. Ufficiale degli alpini nel btg. Tirano, rientrato in Italia dopo la Russia, partecipò come partigiano alla Guerra di Liberazione. Fu un celebre scrittore, molti dei suoi libri più belli raccontano la triste e devastante esperienza della guerra

04 Feb 2022

10 gennaio – 1° febbraio 1929

10 gennaio – 1° febbraio 1929 – Il gen. Ottavio Zoppi volle il grandioso raid sciistico di pattuglie che in condizioni climatiche difficilissime, legò i reggimenti alpini e quelli di artiglieria da montagna, in una impresa unica che suscitò stupore e meraviglia nell’opinione pubblica nazionale ed ammirazione all’estero.

01 Feb 2022

Un Corpo per la gente

 

Gen. Gamba, nel 2022 il Corpo degli Alpini compie 150 anni: quale significato ritiene di dare a questa ricorrenza?

La domanda mi fa pensare che 11 anni dopo l’unità d’Italia, a Napoli, il Re firma il decreto che dà origine alle truppe alpine. Quindi, innanzitutto, Storia nella Storia di un giovane Stato europeo che si è sempre dotato di strumenti organizzativi per tutelare la propria popolazione e il proprio territorio: in tale importante contesto gli alpini, da subito (terremoto di Messina del 1908…) e le Truppe Alpine dell’Esercito, adesso (lotta alla pandemia) hanno sempre dato prova di essere all’altezza in ogni emergenza. Per farlo gli alpini, come componente dell’Esercito, hanno sempre dimostrato di essere pronti a sostenere la difesa del Paese e a fornire supporto alle attività di stabilizzazione e gestione delle crisi a livello globale, come anche oggi stanno facendo in diversi continenti.

Dalle compagnie chiamate nel 1872 a difendere le “loro” vallate siamo passati a uno strumento militare più evoluto. Gli scenari di impiego sono diventati più complessi, ma quanto conta ancora il Dna di truppe da montagna?

L’ambiente montano forma e modella l’alpino come uomo, come soldato e comandante. Fin da giovani ci viene ripetuto che “la montagna è scuola di vita”: chi fa l’alpino deve imparare dalla vita in montagna, conoscere tale ambiente e trarne ogni giorno insegnamenti per far meglio come uomo, soldato e comandante. Anche se oggi non siamo più chiamati a difendere le nostre vallate, recenti attività operative in luoghi simili in continenti lontani hanno dimostrato che quanto imparato da alpino è stato fedelmente messo in pratica anche a supporto di altre popolazioni.

Molti non sanno che gli alpini si addestrano per svolgere, oltre ai compiti militari, una serie di servizi molto importanti per la comunità, quotidianamente e nelle emergenze. Può farci alcuni esempi?

Questo è il punto di forza degli alpini e dell’Esercito: addestrarsi ogni giorno per assolvere a precisi compiti assegnati per legge ed essere pronti, rapidamente, a intervenire nelle emergenze, dove fanno premio tempestività e organizzazione. Questa forma mentis e questo modus operandi sono trasmessi come punti di forza ai giovani, sia a quanti hanno svolto il servizio in precedenza e ora operano da volontari all’interno delle associazioni d’Arma, sia per gli alpini in servizio, alcuni dei quali si dedicano anche a forme di volontariato a favore della popolazione. Mi riferisco chiaramente all’Associazione Nazionale Alpini con cui si è creato un eccellente rapporto tra alpini in servizio e in congedo, per essere tempestivi ed efficaci nelle emergenze. In proposito, la Vardirex (Various Disaster Relief Exercise) rappresenta una continua forma di collaborazione addestrativa, per reagire sempre meglio nelle emergenze a favore della popolazione e dove l’Esercito è chiamato a concorrere alle attività degli organismi preposti.

Il Corpo degli Alpini può contare su quel formidabile serbatoio di valori, consenso e supporto che è l’Ana: come percepisce e valuta il rapporto tra penne nere in servizio e in congedo e può indicarci i principali modi di interazione?

Non voglio essere “partigiano” nell’esaltare quanto l’Associazione Nazionale Alpini fa e produce, ma è un’autentica fortuna operare a fianco di una struttura fortemente e disciplinarmente organizzata, in cui sono riconosciuti come parametri di riferimento competenza e professionalità. Non esagero quando parlo di modello strutturale di volontariato e, con il vostro Presidente e amico Sebastiano Favero, credo fortemente che l’Ana vada ancor più valorizzata come insieme di italiani legati moralmente e materialmente a valori e tradizioni trasmessi nel tempo da altri italiani “andati avanti” lasciando come eredità, appunto, un modello di produttività e operatività a favore del Paese, che tutti abbiamo il dovere di continuare a migliorare.

pubblicato su L’Alpino, gennaio 2022